Metodologia e storiografia per la ricerca storica sull’eredità del progetto illuministico della Dichiarazione di Indipendenza negli Stati Uniti d’America del XIX secolo, tra una vittoria di Pirro (l’abolizione della schiavitù) e la definitiva sconfitta (l’istituzionalizzazione del razzismo).

La Dichiarazione di Indipendenza (1776) è uno dei manifesti più compiuti del progetto illuministico dei diritti dell’uomo. In un discorso pubblico a Lewistown (1858), il non ancora Presidente americano Abraham Lincoln invita a ‘riadottarla’, a ‘ritornare a essa’.
Ebbene, che è successo nel frattempo? Che ne è stato di quel progetto in quasi un secolo di storia americana?

Studiare l’eredità dell’Illuminismo significa innanzitutto ‘sfidare’ la principale corrente storiografica sulle origini degli Stati Uniti d’America, i cosiddetti ‘alfieri della rivoluzione repubblicana’ (Onuf, 1983; Wood, 1998; Wilentz, 2005), che evidenziano la continuità tra la Dichiarazione e la Costituzione definitiva del 1792, e guardano al lasso di tempo da Jefferson a Lincoln come a un graduale processo di sempre maggiore democratizzazione del Paese.

Per studiare che ne è stato della Dichiarazione è necessario rompere la continuità tra Dichiarazione e Costituzione: nella Rivoluzione americana c’è una rivoluzione mancante, quella illuministica dei diritti dell’uomo (Maurini, 2020). Per rompere il nesso storiografico tra Dichiarazione e Costituzione, bisogna muoversi tra la storiografia critica sulle origini della democrazia americana (Maier, 1998, 2010; Taylor, 2016) e la storiografia della cosiddetta ‘contro-rivoluzione conservatrice’ (Beard, 1957; Dahl, 2003; Klarman, 2017), per poi sciogliere quel nodo storiografico con la storiografia sull’Illuminismo (Hunt, 2007; Israel, 2001, 2006, 2009, 2011; Ferrone, 2003, 2014, 2015): al di là del reale liberalismo, repubblicanesimo e democrazia americana post-rivoluzionaria, la rivoluzione fu mancante dal punto di vista dei diritti dell’uomo contenuti nel linguaggio e nel progetto illuministico della Dichiarazione.

In questo coacervo storiografico, studiare l’eredità dell’Illuminismo negli Stati Uniti del XIX secolo significa, da un punto di vista metodologico, ricercare le tracce di quel linguaggio e di quel progetto nel dibattito pubblico e istituzionale, muovendosi tra la storiografia sull’abolizione della schiavitù e quella sulla razza. Perché se la cultura illuministica dei diritti è alla base dell’abolizionismo, la razza rappresenta il suo nemico letale, minando il suo principio di uguaglianza. Infatti, dal punto di vista dei diritti dell’uomo contenuti nella Dichiarazione di Indipendenza, l’abolizione della schiavitù è una vittoria di Pirro, e l’istituzionalizzazione del razzismo rappresenta l’eredità perduta di quel progetto illuministico.

Per affrontare il tema della razza, occorre un approccio globale che va dalla storia economica a quella politica e dalla storia moderna alla storia della scienza per studiare i diversi fattori che contribuiscono nel loro insieme al complesso fenomeno storico: quello economico, quello politico e quello scientifico (Michel, 2020). Anche se l’ultimo è indubbiamente quello decisivo (Pestre, 2015), non va sottovalutato nemmeno quello religioso, con particolare riferimento alla giustificazione biblica del razzismo (Haynes, 2002).

Solo con questo approccio globale è possibile comprendere il fenomeno storico che dalle teorie razziali porta a quelle razziste, che dalla varietà di uomo porta alle specie di uomo, che dall’uguaglianza porta alla disuguaglianza – inclusa la comprensione dei nessi tra Illuminismo e razza (Schaub-Sebastiani, 2021), ma respingendo quelli tra Illuminismo e razzismo (Mosse, 1978).

Solo con questo approccio globale è possibile studiare il fenomeno storico della razza entrando nella storiografia che riscrive la storia degli Stati Uniti d’America (Maier, 2010; Taylor, 2016; Lepore, 2018) ma senza cadere nella trappola della storiografia che incombe sempre di più nel dibattito pubblico, cioè quella della Critical Race Theory (Bell, 1995; Delgado, 2013), che insieme al 1619 Project (Hannah-Jones, 2021) sono radice e manifestazione di fenomeni sociali in ascesa come il ‘Black Lives Matter’ e la ‘Cancel culture’. È indubbio che abbiano il merito di attirare l’attenzione dell’opinione pubblica e accendere il dibattito sulla razza, una questione tutt’altro che chiusa come fenomeno sociale e politico, ma molto spesso mirano alla riscrittura della storia degli Stati Uniti esulando dal fenomeno storico, riducendo e appiattendo la complessità storica con cui è invece necessario guardare alla razza.